Il Consiglio Regionale,
Premesso che:
– la legge 194 del 22 maggio 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” sancisce il diritto di accesso e le modalità del ricorso sicuro per ogni donna all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), sia presso le strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale, che presso le strutture convenzionate e autorizzate dalle Regioni;
– tale legge ha rappresentato e rappresenta tutt’oggi, dopo gli anni in cui l’aborto era illegale e clandestino provocando danni sulla salute fisica e psichica delle donne, un baluardo al diritto all’autodeterminazione procreativa e il diritto alla salute nella sua accezione più pura;
– dal 1978 tanta strada è stata fatta e con la creazione dei Consultori familiari e i servizi di prevenzione previsti dalla legge si è assicurato un maggiore benessere, salute e consapevolezza procreativa, oltre che la possibilità di ricorrere all’aborto terapeutico in condizioni di sicurezza;
– lo Stato si adopera, quindi, per garantire che vi siano delle strutture nelle quali effettuare tale trattamento, assicurare la copertura dei costi, in tutto o in parte, con la presenza di personale medico e ausiliario in grado di effettuarlo e per l’assistenza precedente e successiva allo stesso. È fuor di dubbio, pertanto, che la donna possa ottenere, stante i requisiti richiesti dalla legge, la prestazione in oggetto e che, correlativamente, lo Stato sia obbligato a garantirla secondo lo schema del diritto relativo alla prestazione sanitaria. Considerato che: – I Consultori familiari svolgono un ruolo fondamentale nell’assistenza alle donne che decidono di ricorrere all’IVG, grazie alle professionalità presenti al loro interno che sono tenute ad una serie di obblighi informativi nei confronti delle stesse relativamente ai diritti ad esse riconosciuti, ai servizi sociali, sanitari e assistenziali offerti dalle strutture che operano sul territorio;
nonché informare sulle norme che tutelano le gestanti nel luogo di lavoro, contribuire ad approfondire le cause che potrebbero indurre a interrompere la gravidanza, fornire alle donne, che abbiano deciso di interrompere la gravidanza, il documento/certificato necessario per l’intervento con indicazione delle altre strutture dove poterlo ottenere ed eventualmente sulle tecniche utilizzate;
– I Consultori familiari pubblici sono importantissimi presidi sanitari territoriali e il rafforzamento della loro centralità corrisponde ad una domanda diffusa, nella direzione di rendere i servizi sempre più accessibili e universalistici per la salute riproduttiva e sessuale delle donne, delle ragazze e delle persone tutte. Rilevato che: – il 23 aprile 2024 il Senato ha approvato un emendamento proposto da Fratelli d’Italia, già passato alla Camera dei Deputati, che permette alle associazioni antiabortiste di operare nei Consultori familiari. – l’emendamento è stato inserito nel decreto sulle misure finanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nonostante il diritto all’aborto sia tornato nell’agenda politica con una risoluzione del Parlamento europeo che nell’aprile 2024 ha approvato con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astenuti, l’inserimento dell’interruzione di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Evidenziato che: – con tale emendamento viene previsto, infatti, che le Regioni organizzino i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1 del PNRR e che ci si possa avvalere “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”;
– si rischia, pertanto, di colpire il diritto delle donne ad autodeterminarsi aumentando gli ostacoli all’accesso alle interruzioni volontarie di gravidanza;
– i soggetti in questione non sono professionisti dell’assistenza sanitaria ma volontari che, attraverso un lavoro di persuasione e dissuasione, cercano di influenzare le scelte di coloro che decidono di rivolgersi ai Consultori territoriali per intraprendere un percorso già di per sé difficile, ma in ogni caso al fine di accedere ad una procedura garantita per legge;
– tali soggetti, inoltre, non solo non sono professionisti, ma persone ideologicamente orientate che non tutelano i diritti di chi vuole avviare un’interruzione di gravidanza con il rischio di prestare consulenze e supporto altamente falsato e condizionante;
Tutto ciò andrebbe a ledere il diritto all’aborto e a normalizzare, o peggio ancora istituzionalizzare, le pressioni psicologiche e il giudizio morale verso chi decide di abortire. Tenuto conto altresì che: – il Senato francese ha approvato, lo scorso marzo, una proposta di legge che inserisce nell’art. 34 della Costituzione “la libertà garantita alla donna all’interruzione di gravidanza”, mentre il Parlamento europeo ha approvato il successivo 11 aprile una risoluzione per inserire nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva e il diritto a un aborto libero, sicuro e legale;
– alcune associazioni hanno nei giorni scorsi sottoscritto e inviato al Presidente della Regione Calabria, ai componenti della Giunta regionale e del Consiglio regionale un documento in cui si chiede un impegno della Regione a non applicare la norma prevista dal decreto PNRR e una serie di misure volte a tutelare la libertà di scelta delle donne. Ritenuto infine che: – i Consultori familiari svolgono un ruolo fondamentale di tutela della salute e del benessere psicofisico della donna in tutto il suo ciclo di vita e pertanto devono essere sostenuti e potenziati;
– non possiamo permetterci di fare passi falsi con il rischio di arretrare rispetto ai progressi ottenuti in questo campo nel corso degli anni. – anche le Linee di indirizzo 2020 sull’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica del Ministero della Salute dimostrano la possibilità concreta di diminuire l’ospedalizzazione attraverso soluzioni ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni, nonché presso i consultori o in day hospital;
– la legge 194 prevede già la presa in carico delle donne da parte di specialisti che le accompagnano nella scelta dell’IVG e il coinvolgimento delle associazioni pro-life non solo appesantirebbe il loro percorso ma comprometterebbe la riservatezza che tale scelta richiede. Tutto ciò premesso e considerato
Impegna la Giunta regionale
IMPEGNA IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE – a esprimere il proprio dissenso nelle sedi competenti, a cominciare dalla Conferenza Stato-Regioni, rispetto alla norma inserita nel Decreto 2 marzo 2024 n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);
– a non esercitare la facoltà ivi prevista per quanto riguarda i Servizi Consultoriali ovvero che “le Regioni possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”, soprattutto in considerazione dei rischi di violazione della privacy, riservatezza e rispetto dei diritti delle donne ex legge 194 e laicità del servizio pubblico;
– a rafforzare, nonostante i mancati trasferimento e il sottofinanziamento statale, l’impegno di investimento nei Consultori familiari in quanto strutture che rappresentano le sedi deputate a garantire la tutela della salute delle donne in un contesto di libertà e autonomia;
– a introdurre ogni azione utile e decisa, anche garantendo una eguale presenza nei presidi ospedalieri e nelle strutture pubbliche calabresi di medici non obiettori di coscienza, per assicurare un accesso tempestivo e senza ostacoli all’IVG;
– ad aprire un percorso di confronto con le associazioni firmatarie del documento al fine di condividere lo stato e la programmazione governativa nell’ambito dell’accesso alla salute riproduttiva delle donne sul territorio, con particolare riferimento ai consultori e ai presidi ospedalieri.
21/05/2024
A. BRUNI