L’autonomia differenziata è una sciagura per il Sud Italia. Sebbene ci sia un tentativo in atto da parte di certe forze politiche di mistificare la realtà e “addolcire in qualche modo la pillola”, il Disegno di Legge presentato dal Ministro Calderoli e già approvato in Senato rischia di mortificare e condannare definitivamente le regioni meridionali ad una condizione di subalternità creando una spaccatura insanabile tra Nord e Sud. Nonostante all’interno del testo si parli di garantire i famigerati LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a livello regionale, è evidente come questo nuovo assetto, qualora definitivamente introdotto, tenderà a penalizzare in maniera sempre più gravosa le regioni meridionali. Garantire i LEP, infatti, vuol dire garantire la sopravvivenza di una comunità, con il minimo che risulti accettabile, ma non prevede in alcun modo una crescita o uno sviluppo di un territorio. Di conseguenza, nel giro di qualche anno il divario tra Nord e Sud, tra regioni più ricche e regioni più povere andrà sempre e comunque ad aumentare (senza considerare come ancora sia tutta da valutare l’incidenza per lo Stato del costo dei LEP).
Prendendo in esame, per esempio, l’Istruzione, una delle materia a cui potrebbe essere applicata l’autonomia regionale, la standardizzazione dei LEP garantirebbe in tutta Italia la presenza di scuole a norma di sicurezza, aule, banchi, un certo numero di professori per un certo numero di alunni, qualche laboratorio per le materie tecniche, luoghi per svolgere attività fisica. Ma una volta assicurate queste prestazioni attraverso fondi condivisi, le regioni più ricche potrebbero investire le loro risorse rimanenti sulla propria offerta formativa con la creazione di palestre polifunzionali per fare tutti gli sport, aule multimediali di ultima generazione, l’arruolamento di insegnanti più specializzati e pagati di più, l’attivazione di percorsi e tirocini formativi all’interno delle aziende finanziati dalla regione per l’avviamento al lavoro, etc. Si tratta solo di alcuni esempi, ma questo potrebbe essere lo scenario futuro nel caso in cui l’autonomia differenziata dovesse diventare una legge effettiva. E questo modello potrebbe essere replicato per la Sanità, i Trasporti, l’Ambiente e tante altre materie, laddove le Regioni che sono già più sviluppate, dopo aver garantito i LEP all’interno delle “regioni più povere”, potranno comunque investire il surplus generato dalla loro fiscalità, innalzando la qualità di tutti i loro servizi e divenendo sempre più attrattive. Di conseguenza, nel giro di qualche anno il divario tra Nord e Sud, tra regioni più ricche e regioni più povere andrà sempre e comunque ad aumentare. Un pericolo per la tenuta dell’intero Paese, che avrebbe piuttosto bisogno di un Governo centrale “illuminato” capace di far emergere le eccellenze regionali e accompagnare lo sviluppo dei singoli territori esaltandone le singole peculiarità. In questo modo anche le regioni meridionali potrebbero, attraverso leggi ad hoc, investire sui loro punti di forza dando vita ad una sorta di “sviluppo differenziato”.
Non si tratta di una battaglia politica, questa è una battaglia di dignità, in difesa del futuro delle nostre prossime generazioni e contro un Governo a trazione leghista che più volte ha dimostrato di non avere certo a cuore lo sviluppo e la crescita del Sud Italia. Per questo motivo farò di tutto per essere presente alla manifestazione di venerdì 16 febbraio a Roma, in Piazza Santi Apostoli, e confido nella presenza in massa di tantissimi Sindaci e amministratori delle regioni meridionali. Non c’è più tempo da perdere, è il momento di far sentire con forza la nostra voce!