Mammoliti: «Questo provvedimento cambia l’assetto del Paese, rischia di comprometterne la coesione»

L’INTERVISTA al consigliere regionale Regione Calabria Raffaele Mammoliti,

La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?

Sono assolutamente contrario, credo che la posizione del PD a livello nazionale e regionale sia ormai chiara da tempo. Il perché è molto semplice questo provvedimento, per come approvato cambia l’assetto del Paese, rischia di comprometterne la coesione e di aggravare le disuguaglianze sociali, che già sono presenti, segnando un punto di non ritorno nell’equità dei servizi essenziali tra le Regioni in un contesto già caratterizzato da un grave gap tra nord e sud del Paese.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Controproducente! Aumenta il divario territoriale e le diseguaglianze sociali. Si tratta di una controriforma che non danneggerà solo il Mezzogiorno ma l’intero Paese. 

C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della  Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi? 

La riforma del Titolo V della Costituzione è vero è stata voluta dal centro sinistra, una  riforma che allora fu frutto di un lungo percorso parlamentare che iniziò con il governo  Prodi, proseguendo durante il governo D’Alema e con il secondo governo Amato. Questo non significa, però, che oggi i partiti d’opposizione non possano, legittimamente,  essere contrari ad alcuni aspetti specifici con cui il governo Meloni intende proseguire il  percorso per dare più autonomia alle Regioni. 

Noi, come Partito Democratico insieme ad un gran numero di molti costituzionalisti, alla  CEI, critichiamo principi e procedure di questa riforma che estremizza queste possibilità prevedono, ad esempio, che le Regioni ordinarie possano ottenere più autonomia tramite  un semplice accordo tra Regione e Governo e non attraverso una legge costituzionale come previsto per l’approvazione degli Statuti delle regioni a Statuto speciale. 

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra  Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale  sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori,  dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono  spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso  dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché? 

Ritengo di no perché il Titolo V introduce dei principi fondamentali: leale collaborazione,  sussidiarietà (verticale e orizzontale), differenziazione, adeguatezza, e tutela dei livelli  essenziali delle prestazioni. Il principio di sussidiarietà (verticale) va necessariamente letto e interpretato insieme altri  due principi introdotti, e cioè al principio di adeguatezza e quello di differenziazione.

Il  primo prevede che il livello territoriale deputato a svolgere una determinata funzione sia  quello che abbia strutture e mezzi più adeguati a svolgerle; mentre il secondo prevede che  nell’allocazione delle diverse funzioni pubbliche si deve tenere conto delle diverse capacità  e risorse dei vari livelli di governo.  L’autonomia differenziata non va confusa con la sussidiarietà. 

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi  voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei  cittadini? 

Il rischio a mio avviso non c’è, la battaglia contro l’autonomia differenziata parte dai veri  bisogni dei cittadini. Il quadro di fronte al quale ci troviamo non ha nulla di  strumentalmente polemico.

Ci si trova di fronte ad un provvedimento che tocca la carne  viva dei cittadini, soprattutto dei cittadini delle regioni più deboli che rischiano di essere  lasciati definitivamente indietro. Il Ddl Calderoli dal punto di vista della valorizzazione delle  autonomie locali, le quali conoscono molto bene i bisogni delle proprie realtà non c’entra  nulla perché è un provvedimento che non destina un solo euro e di conseguenza non  riuscirà a garantire gli stessi servizi ai cittadini del sud e del nord 

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per  impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che  cosa ne pensa? 

Insieme al consigliere Loschiavo abbiamo in data 21 giugno presentato un’interrogazione al Presidente Occhiuto per sapere quale sia la sua posizione, sulla dichiarata volontà di  impugnare dinanzi la Corte Costituzionale la legge approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati lo scorso 19 giugno e per chiarire che in caso di mancata impugnazione della  riforma quale sia la sua strategia e se intende adottare interventi per la riduzione dei divari  infrastrutturali, che consentirebbero di ridurre l’impatto sulla Regione di una riforma così  dannosa per le politiche di sviluppo calabresi. 

Inoltre abbiamo presentato una proposta di provvedimento amministrativo, sottoscritta da  quasi tutti i consiglieri di opposizione, per chiedere al governo l’indizione di referendum  abrogativo. Spero che la maggioranza abbia un sussulto di dignità e che il Consiglio  regionale lo approvi all’unanimità. 

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi  afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto  concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale  dei due casi è giusto secondo lei e perchè? 

Il Centro Destra, per mascherare questo processo secessionista agli occhi degli italiani, e  soprattutto per non perdere voti nelle regioni del Centro-Sud, ha tentato di spostare  l’attenzione sui così detti Lep. I livelli essenziali delle prestazioni sono un aspetto  fondamentale del nostro vivere comune: sono i diritti che devono essere riconosciuti a tutti  i cittadini italiani, indipendentemente da dove vivono, sono dunque fondamentali.  L’iniziativa del governo, però, è solo una arma di distrazione di massa perché mira  esclusivamente a definirli, ma oltre a definirli, devono essere finanziati e poi raggiunti.

Non c’è assolutamente nulla nella proposta del governo che parli di finanziamento e di  raggiungimento dei livelli essenziali. In buona sostanza, definire i livelli essenziali è  importante, ma è ancora più importante finanziarli e stabilire dei percorsi per raggiungerli. 

C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di  meno…

È evidente che la strategia di un governo a trazione leghista sia quella di trattenere le  risorse nelle regioni più ricche e abbandonare a se stesse quelle più deboli. 

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Assolutamente no, come dicevo prima, non basta definire i Lep per garantire diritti di  cittadinanza uguali per tutti. I Lep vanno definiti, finanziati e, soprattutto, vanno individuati  percorsi per raggiungerli. Peraltro, abbiamo l’esempio dei Lea in sanità. Sono definiti in  maniera molto dettagliata.

Ogni anno il ministero della Salute li misura e certifica che non  sono raggiunti nella maggioranza delle regioni, soprattutto in quelle del Sud (Calabria in  primis), ma a seguito della misurazione non succede assolutamente niente.  Tutto questo però non esime dalla responsabilità delle classi dirigenti regionali e territoriali,  anzi bisogna imprimere un’azione sempre più efficiente di capacità di governo in grado di  affrontare le criticità e diminuire i divari esistenti 

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro Paese, che impatto avrà  questa legge proprio sulla sanità? 

L’autonomia differenziata porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno e darà anche il  colpo di grazia al SSN, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza  precedenti. Stiamo assistendo al tentativo di distruzione della più grande conquista sociale  del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia solo per uno scambio di convenienze tra i sostenitori dell’autonomia differenziata e quelli del premierato.

Due riforme che spaccheranno l’unità del Paese Italia e cambierà la Repubblica parlamentare.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché? 

È l’intero impianto della contro riforma che critico  Sarà colpito il carattere pubblico e nazionale dell’Istruzione, sarà ridimensionando il  welfare universalistico ed il Sistema Sanitario. Senza il riconoscimento di diritti universali in  tutto il Paese, cresceranno sacche di privilegio solo per alcuni. Come rilevato dall’Istat la  povertà assoluta in Italia non solo aumenta, ma corre il rischio di cronicizzarsi.

In questo  contesto, abbandonare il principio dell’universalismo nei servizi del welfare, dopo aver abbandonato il medesimo principio nelle misure di contrasto alla povertà, non può che  allargare ulteriormente la platea dei poveri, riducendo invece ancora più drammaticamente  quella dei beneficiari di strumenti di sostegno. A pagare il prezzo più salato saranno le  fasce popolari e le aree fragili del Pese con conseguenze negative per la coesione sociale  e per l’intero territorio produttivo nazionale. 

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra? 

Lo dicevo all’inizio dell’intervista, quella dell’autonomia differenziata è una legge voluta da  una Lega che riscopre la sua natura separatista e che abbandona interi territori al loro  destino facendo venire meno la coesione del Paese. Tuttavia, mi preme sottolineare un  aspetto politico del quale sono fermante convinto, non esiste Governo al mondo che possa  imporre scelte contrastate da lavoratori e dalla stragrande maggioranza dei cittadini, i quali  saranno chiamati a decidere sulla loro vita, sui loro diritti e sulle loro libertà.

WordNews.it del 26 luglio 2024

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